La Dama Color del Cielo

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Quando fu sera e il sole era annegato oltre l’orizzonte, l’artista si trovò completamente solo in una valle di cadaveri di vetro e alluminio. Riverso sul divano, la sua mente tentava di toccare le forme della donna che voleva raffigurare da giorni, senza alcun risultato. Niente scarabocchi, niente appunti.
Niente.
Il vuoto.
Sperava che gli spiriti a basso costo lo aiutassero nella scultura di quei lineamenti perfetti che tanto agognava evocare sulla tela, ora desolata. 
Non fu così, e quando giorno e notte, luce e ombra non ebbero più ritmo circadiano, decise di calzare le scarpe più comode per cercarla tra i volti della metropoli chiassosa. Incurante del suo aspetto malconcio e degli odori che la sua pelle trasandata emanava, saltò a piè pari lo specchio in corridoio, spiando di lato e sfuggente il suo riflesso che si recava verso l’uscita. 
Una volta fuori dal suo appartamento, ovviamente non di sua proprietà né affittato con le proprie tasche, percorse il corridoio della palazzina, avvertendo sul suo collo i giudizi fiondati da ogni spioncino e sussurrati appena dai vicini; in pochi lo notavano e le poche volte che incrociava gli inquilini dello stabile, nemmeno notava le loro figure umane, poiché sempre sospeso tra ebbrezza e l’immaginazione della prossima opera. 
Tra i mari di teste delle vie centrali nel suo quartiere, l’artista penetrava i flutti di corpi che di secondo in secondo lo urtavano ed egli subiva le spinte senza alcun sentimento: nessuna rabbia, nessun fastidio.
Voleva solo incontrare il volto e le sembianze femminee chiuse dietro la porta dei sogni. Avvertiva i respiri di lei e le sue parole che bisbigliavano la volontà di venire al mondo. 
Lei.
Perso tra i vicoli dell’inconscio, si trovò a varcare lo spazio-tempo e si accorse che i piedi gli dolevano, che il paesaggio era cambiato e i grattaceli torreggiavano sulla sua singolarità; anime perdute lo spiavano dai cassonetti, oltre i miasmi dei rifiuti che adornavano grotteschi i vicoli oscuri. 
E lì, proprio tra gli abissi torbidi metropolitani, scorse Lei. Era nascosta sotto una scorza di abiti trasandati, ma i suoi occhi non lasciavano spazio a dubbi. 
Quell’azzurro intenso… 
Il corpo del pittore cadde in ginocchio, ai piedi della musa povera, ed egli chiese il permesso di raffigurarla subito. Dapprima imbarazzata, i suoi dubbi si smossero alla vista di fruscianti banconote tra le dita. 
Non c’era tempo, non poteva perderla. Non poteva lasciare andare quell’immagine ancora non ben definita nella sua immaginazione. Doveva cogliere il momento, così inizio a dipingere sul muro di mattoni provvidenzialmente privo di segni vandalici, privo di street art e privo di piscio. Una tela urbana pronta ad essere sverginata. 
Tra le pieghe dei suoi sogni, la dama era azzurra, eppure con sé aveva solo il colore rosso a disposizione e le proprie dita per dosarlo… e non poteva attendere oltre.
In qualche minuto, il vicolo fu vuoto e nemmeno la ragazza ebbe il coraggio di aiutare l’artista a compiere quello che lei riteneva uno scempio senza alcuna morale o ragione. Ma il pittore non se ne curò, ormai la figura femminile era incisa nella sua corteccia cranica pulsante d’informazioni. 
Quando la tela di malta e mattoni era conclusa, flash ritmici di lampeggianti e di macchine fotografiche deificavano ancor meglio le forme della musa rossa, sotto la quale l’artista era accasciato e privo di vita.
“La Dama Color del Cielo”. Le lettere, accanto al ritratto ematico, erano distribuite in questa bizzarra didascalia. 
La mostra dedicata alla sua ultima opera era iniziata e i nastri gialli della polizia delimitavano la distanza per i visitatori, venuti ad ammirare il capolavoro fatale; forensi vestiti di azzurro scrutavano le ferite ai polsi dell’artista, mentre un “critico giudiziario” leggeva la biografia del disgraziato su sterili fogli.
Ma la musa scarlatta fu grata al mortale per averla portata alla realtà e ripagò la sua abnegazione con l’immortalità. 
L’immortalità che tanto aveva cercato tra i cadaveri di alluminio e vetro.

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Image credits: Hily Rael


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