Si chiama Le rose e il deserto ed è il progetto solista di Luca Cassano, cantautore calabrese trapiantato a Milano.
La sua musica è un viaggio introspettivo, un modo per guardarsi dentro, per trovare il coraggio di affrontare la vita, con le sue difficoltà e le sue paure.
L’ultimo EP di Le rose e il deserto si intitola Io non sono sabbia ed è stato rilasciato per PFMusic il 19 giugno 2020. L’album è nato dalla collaborazione con le Manifatture Morselli Recording di Modena, dove l’EP è stato arrangiato e registrato.
Sono cinque i brani che compongono Io non sono sabbia. Al suo interno i testi, di stampo cantautoriale, sono accompagnati da una musica che unisce le influenze pop all’elettronica.
Così, noi di Indielife abbiamo deciso di fare due chiacchiere con Luca.
- – Ciao! Ci racconti un po’ di te? Cosa dovrebbe assolutamente sapere di te chi non ti conosce?
Come dicono spesso De Gregori e Niccolò Fabi, il cantautore è diverso dall’uomo (sorride, ndr). Anche a me piace mantenere “nascosta” la mia vita privata. Mi piace che chi mi ascolta mi conosca attraverso le mie canzoni. Posso però svelarvi che mi piacciono la poesia, la montagna ed il caffè…
- – Il tuo EP si intitola Io non sono sabbia. Un nome molto interessante, ce ne parli? Com’è nato?
E’ una storia fatta di provocazione, gioco, sensi di colpa e presa di distanze (sorride, ndr). Tutto è nato dalla prima traccia dell’EP: “Sabbia”, appunto. L’ho scritta durante l’estate 2019 mentre ascoltavo a ripetizione il disco del Jova Beach Party. Dal campeggio in cui mi trovavo ne ho fatto una registrazione ukulele e voce col telefono per mandarla al produttore dell’EP (Stefano Morselli, delle Manifatture Morselli Recording di Modena). E gli ho detto: “Vorrei che questa canzone avesse un sound elettro-pop, un po’ Jovanotti, un po’ Lo stato sociale”.
Per me è stata una provocazione ed un gioco. Io vengo da ascolti cantautorali, e le mie canzoni, quando sono sul palco, hanno arrangiamenti molto scarni, lontanissimo dal pop (figuriamoci dall’elettro-pop). Dopo soli due giorni Stefano mi mandò una prima bozza di “Sabbia” (di fatto molto simile alla versione finale). Ne fummo entrambi esaltati, e da qui decidemmo di fare un EP con quel sound.
E’ stata una bella avventura e siamo stati tutti molto soddisfatti del risultato finale. Poi però una parte di me, forse quella più seriosa, più conservatrice, si è un po’ pentita. Mi sembrava di tradire le mie radici, per questo la presa di distanze dichiarata già dal titolo. Io, per l’appunto, non sono sabbia, ho poco a che fare con questo… Si lo so, fa molto strano che un cantautore prenda le distanze dal suo disco d’esordio (che è anche il suo unico disco, per ora) prima ancora di pubblicarlo (ride, ndr).
- – “Un terzo” è il brano che personalmente mi è piaciuto di più. Ha un ritmo allegro che però è legato a un testo molto malinconico e profondo. Pensi di essere riuscito “a mettere insieme i tuoi pezzi”, come dici nella canzone?
Hai colto l’essenza di “Un terzo“. E’ un canzone che parla di paure. Quando la introduco sul palco (ed è la canzone con cui apro tutti i miei concerti) dico sempre che è una canzone che parla di piccole e grandi paure metropolitane, per uno come me, nato in Calabria e trapiantato a Milano. Però si, abbiamo cercato di alleggerire il messaggio del testo con un arrangiamento allegro, quasi estivo (Stefano Morselli, durante le registrazioni diceva sempre “Questo è un pezzo da suonare sulla spiaggia”). Se sono riuscito a mettere insieme i miei pezzi? Beh, ci sto provando, con la colla più dolce, ma è operazione difficile assai. I pezzi sono tanti e spesso sparsi in giro per la vita.
- – La tua musica e i tuoi testi sembrano un po’ una terapia. Le tue canzoni raccontano la tua storia, ma l’ascoltatore secondo me riesce a ritrovarsi nei tuoi brani ed ecco che queste canzoni diventano un po’ la storia di tutti. C’è qualche cantante o gruppo musicale in cui tu ti sei rifugiato durante qualche momento (bello o difficile) della tua vita?
E’ un gran bel complimento quello che mi hai fatto. Penso che una canzone, sebbene nasca, ovviamente, dall’esperienza personale di chi la scrive, sia una canzone valida solo se riesce a muovere emozioni in chi l’ascolta. Se questo non avviene, tanto valeva lasciare la canzone chiusa in un taccuino, e leggersela ogni tanto in privato. Per quanto riguarda i miei ascolti “terapeutici” per brevità te ne cito tre: l’infinito, Principe, Francesco De Gregori, qualsiasi disco va bene, a qualsiasi ora, sia prima che dopo i pasti. Poi una band portoghese, purtroppo inattiva da molto, i Deolinda, con il disco “Dois selos e um carimbo” ed infine una band napoletana, La maschera, con il disco “’O vicolo ‘e l’allerìa”.
Grazie mille!
Abbiamo inserito “Sabbia” di Le rose e il deserto nella nostra playlist Spotify dedicata agli artisti emergenti.