Davide De Luca: L’Ep Crisalidi – l’R&B della sua Metamorfosi, l’intervista

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Crisalide, rappresenta la trasformazione, un bruco che ha finalmente trovato gli ingredienti giusti per spiccare il volo. Questo è il cuore di
Crisalidi , il nuovo EP di Davide De Luca, un cantautore leccese. Come lo stadio intermedio della metamorfosi dei lepidotteri, l’album è racconto perfetto di crescita e cambiamento. Nella sua musicalità R&B, gioie e timori si intrecciano come l’involucro che protegge la delicata evoluzione di Davide, in cui Amsterdam ha avuto un ruolo centrale, segnando una nuova fase della sua vita artistica.

La famiglia e i primi studi

Di te hanno scritto che hai una musicalità innata, concordi oppure ritieni che ci siano stati altri elementi che ti hanno portato a svilupparla?

Sicuramente ha influito tanto il contesto in cui sono cresciuto: anche mio padre é un cantante e musicista e da giovane ha sempre avuto diversi gruppi. Lui è appassionato ad un genere che è diverso rispetto al mio, ovvero il rock progressive, e quindi ha sempre ascoltato, suonato e cantato gruppi come i Genesis, Pink Floyd, ecc… . Vederlo in azione, il modo in cui spingeva l’interplay all’interno delle sue band, certamente ha influito poi nello sviluppare dentro di me questa passione per la musica. Per cui lui senz’altro é un soggetto cardine della nascita di questa passione.

A quanti anni hai iniziato a studiare musica?

Ho iniziato verso gli undici anni. Il mio percorso é stato un po’ strano: la prima docente con cui ho studiato era una cantante lirica, nipote di Tito Schipa, e quindi aveva questa voglia di tramandare la musica classica ed il suo approccio. Inizialmente interpretavo cantanti lirici come Claudio Villa o Pavarotti, anche perché quando ero piccolo avevo questo timbro di voce molto acuto. Man mano però mi sono reso conto che non era il mio genere e che non mi interessava molto quell’ambiente. Ragion per cui ho studiato con un altro docente: Stefano Luigi Mangia. A lui devo la maggior parte delle cose che sono: mi ha diretto verso il soul, il funky, l’R&B e poi successivamente il jazz.

Prendi ancora lezione adesso di canto?

Avendo finito adesso il master in Olanda l’ultima insegnante che ho avuto è stata questa cantante olandese, Sylvie Lane, che aveva un approccio molto più mirato al jazz. Poi in realtà ti danno la possibilità di andare oltre e di capire quale è la tua identità in generale rispetto al jazz. Avevo difatti anche la possibilità di portare i miei brani e di poter studiare tecnica vocale su i miei pezzi.

Hai appena finito il master?

Sì, mi sono laureato a giugno. É stato un percorso di due anni ad Amsterdam che mi ha cambiato tanto. Un altro professore che ho avuto lì e che è venuto purtroppo a mancare quest’anno, Humphrey Campbell, aveva un approccio molto soul e funky. Ecco perché sicuramente studiare con lui mi ha aiutato tanto ed il mio genere si rispecchia molto nel suo.

Jazz e pop

Come mai alla fine tra tutti i generi che hai esplorato, e ancora esplori, hai scelto proprio il jazz?

Secondo me il jazz è un ottimo punto di partenza per poi arrivare anche alla musica pop. Ti da una ricchezza musicale diversa. C’é del jazz all’interno dei miei brani e credo che ci sarà sempre questo miscuglio di jazz e R&B che un po’ caratterizza il mio genere. Ovvio che continuare a studiare standard jazz non mi interessa però più.

C’é stata una figura che ti ha ispirato in questo tuo voler partire dalla musica jazz per poi arrivare al pop?

Non per forza cantanti che hanno iniziato dal jazz. Ci sono cantanti come Brian McKnight, che è un cantante di R&B, ma che ha avuto a che fare con il jazz. In particolare io ho iniziato a studiare jazz con un suo brano, eseguito insieme al gruppo vocale Take 6, in cui cantavano quello che è uno standard jazz che si chiama Mood’s Mood for Love. Ho ascoltato questo brano, me ne sono innamorato follemente, grazie a Stefano Mangia, e da lì ho capito che forse era il caso di iniziare a studiarlo.

Ho incominciato così ad avere a che fare con artisti che hanno iniziato a studiare jazz e che poi si sono orientati verso altri generi. Un’altra mia grande influenza però è stata anche Craig David, che non nasce come cantante jazz ma è un cantante R&B. Tutto fa brodo come si suol dire, per cui non per forza il jazz deve essere presente in ogni musica che ascolto.

R&B

Ed è grazie a lui che ti sei avvicinato all’R&B?

Sì. Mentre studiavo con Stefano lui mi fa ascoltare questo brano chiamato Walking Away e il modo in cui lui giocava con questi runs vocali, questa successione di note velocissime mi ha interessato, volevo imparare quel brano. Ho cominciato ad ascoltare tanto la sua musica cercando di capire come realizzare quei tecnicismi e ciò mi ha letteralmente cambiato. Gli altri cantanti che mi hanno maggiormente influito sono stati Timberlake, Ne-yo e un po’ tutta la musica di inizi duemila che governava le classifiche mondiali. Oggi ci sono tanti altri artisti che sono anche musicisti, come Robert Glasper, e che hanno a che fare con l’R&B ed anche con il jazz.

Cronofobia

Avevo letto che tu hai anche ricercato molto quali messaggi veicolare attraverso la tua musica. Ad oggi cosa pensi di voler trasmettere attraverso la tua musica?

Quello che faccio attraverso la mia musica sostanzialmente é esprimere tutte le ansie e le gioie che mi riguardano. Parlare della vita reale, perché in questo modo sicuramente tutti possono riconoscersi. Ci sono sicuramente dei temi che mi caratterizzano più da vicino, come ad esempio questa cronofobia costante di cui parlo spesso. E sono certo che tanti artisti come me hanno l’ansia del tempo che passa inesorabilmente ed il fatto di dover approfittare del tempo. Viviamo anche in una società in cui siamo stati spesso costretti a pensare che una volta raggiunta una determinata età dobbiamo ritrovarci già in un dato contesto sociale, dobbiamo avere un lavoro una famiglia, ecc… . Io penso che ogni percorso sia diverso, soprattutto per quanto riguarda gli artisti emergenti.

Adesso a Sanremo giovani se tu hai 26 anni sei considerato fuori dal mondo discografico. Io non sono d’accordo perché la mia maturità artistica, che ancora dovrà migliorare sicuramente, l’ho raggiunta soltanto adesso in questo momento. Anche perché ho avuto diversi tipi di esperienze, ho avuto un percorso articolato, sono andato a step. Un ragazzino di 18 anni non per forza é la soluzione migliore da proporre nel panorama italiano. Manca la cosiddetta gavetta. Spero si torni indietro e ci si renda conto di aver fatto un passo falso decretando i 26 anni come età più che adulta.

Sì io in realtà ho visto molte critiche su questa scelta da parte del settore musicale, per cui spero che il messaggio sia arrivato a chi di competenza.

Lo spero vivamente anche io visto che sono quasi certo che ci siano tantissimi artisti emergenti validi in Italia. Fermarsi al contesto di XFactor e di Amici, che ormai considerano per buono solo artisti sotto una determinata età, credo che sia veramente una scelta tossica per il nostro panorama.

Sì, poi se andiamo a vedere le scorse edizioni di Sanremo Giovani sono usciti artisti che avevano più di 26 anni e che hanno ampiamente dimostrato di valere. Mi vengono in mente Mahmood e Gabbani ad esempio.

Esatto vi sono tantissimi esempi in Italia. Credo che si supererà questo pregiudizio dell’età, almeno me lo auguro.

Volare Alto

Faccio riferimento anche al tuo brano “Volare Alto”, in cui appunto racconti di questa ansia del tempo che pervade la nostra società. C’è da dire però che adesso, in contrapposizione, si vedono sui social molte frasi motivazionali o simili che parlano del fatto che ognuno ha i propri tempi. Per cui si cerca molto, almeno tra i giovani, di contrastare questa visione di vita accelerata. Al contempo però fa talmente tanto parte della nostra forma mentis che è difficile slegarsi. Secondo te quale potrebbe essere un modo per riuscirci?

Sicuramente quello di non guardare troppi gli altri artisti, perché ogni musicista ha una strada differente ed una storia diversa da raccontare. Io non potrei mai paragonarmi ad un artista come Sangiovanni ad esempio. Ma il fatto di non sfondare ad una giovane età come lui, 18/19 anni, non vuol dire che poi questo non avverrà in futuro. Anche perché il tipo di storia, di esperienze, di persone che si conoscono, ecc… differiscono molto. Ci sono tanti contesti che vanno considerati. Quindi direi andare avanti per la propria strada prendendo dagli altri, ma non copiandoli e idolatrandoli solo perché arrivati al successo in giovane età.

Anche perché poi magari a loro serve fermarsi un po’ dopo

Per forza succede, l’esempio di Sangiovanni e di altri artisti é una dimostrazione di come il mercato musicale alla fine spesso si riscopre molto lontano da quella che é la musica vera e propria. Sovente si tratta solamente di prendere un soggetto e fare delle hits che sono delle mine che durano pochissimo. Sangiovanni é durato tre anni e dopo si é reso conto che quello che stava facendo poco aveva a che fare con la musica a cui lui si era appassionato.

Io sono quasi convinto che questo sia uno dei motivi principali per cui artisti giovani si fermano e si rendono conto di non essere pronti. Marco Carta, anche lui vincitore di Sanremo, raccontava di come non si sentiva pronto per l’ambiente musicale, perché la gente che ci rimane é quella che ha già una identità forte. Sa già quello che vuole fare e sa fare prevalere le proprie idee senza farsi annientare.

Visto che lo hai anche citato, a te il mondo televisivo interesserebbe?

Indubbiamente sì. Io sono una persona molto timida, quindi comporterebbe un grande salto. Però credo che la televisione rimanga uno dei mezzi più potenti di diffusione, oltre ai social.

Colori e influenze rap

Se dovessi scegliere un colore per poter descrivere le emozioni che vorresti suscitare con le tue canzoni, quale potrebbe essere?

Te ne dico due, perché la mia musica é un mix di canzoni tristi e canzoni positive. C’è questa unione di verde e blu: colori molto contrapposti ma che si bilanciano molto bene. Il verde é un colore molto positivo per il futuro, oltre ad essere il mio preferito. Il blu é un colore scuro che mi caratterizza allo stesso modo. Nessuno é fatto di un solo colore ma di tanti diverse gradazioni di colore. Poi si spera di trovarne altri di colori, perché bisogna sempre esplorare.

C’è stato un cantante o un album che hai ascoltato molto durante la stesura del tuo disco?

Craig David é sempre lì, soprattutto quando bisogna cercare delle melodie catchy. Ci sono molti artisti che ascolto spesso fin da quando sono piccolo. Ad esempio Caparezza, quando avevo nove anni ero convinto di poter diventare un rapper. nel momento in cui scelgo un brano da scrivere mi lascio molto ispirare da un testo pre-esistente che possa apparire non molto scontato. Caparezza mi ha guidato molto sotto il punto di vista della scrittura: il fatto di parlare della società che stiamo vivendo e di raccontarla attraverso i brani.

Lecce

Che effetto fa tornare a cantare nel paese in cui sei cresciuto (Davide questa estate ha suonato in un live nel Salento)

L’effetto é sicuramente molto positivo, però al contempo anche un po’ ansiogeno. Io ho scelto di andare in Olanda anche perché lì non mi sentivo ascoltato o abbastanza accettato, e soprattutto capito. Il fatto di esserci tornato é ovviamente una gioia poiché ho condiviso quello che sono oggi con tutte le persone che conosco e con tutte le mie amicizie. Al contempo é stata una sfida personale perché voglio dimostrare quanto si possa far evolvere un luogo. Lecce é una città bella ma é anche una città molto statica, il fatto di portare una musica nuova può intervenire in questo contesto.

Quale parte secondo te non veniva capita?

Non veniva capito il fatto che una musica afroamericana come l’R&B o il soul potesse essere legato a brani italiani. Oltre a non essere capito non veniva proprio accettato. Io ricordo di tante conversazioni fatte nei locali in cui i gestori mi chiedevano di fare delle cover di artisti già conosciuti. Per questo dico che Lecce é una città bella ma che é ancora molto statica dal punto di vista musicale, perché c’è poca voglia di cambiare le menti delle persone che sono pigre. Bisogna dare indubbiamente più spazio ai giovani e dare loro l’opportunità di cambiare un po’ le carte in gioco.

Ma adesso che hai finito il master ad Amsterdam ritornerai a Lecce?

No in realtà tornerò ad Amsterdam e vivrò là. Per ora voglio continuare questa mia connessione con Amsterdam a meno che il fatto di dover suonare qui in Italia mi “forzerà” a tornare qui. L’obiettivo principale é quello di portare la mia musica in Italia, ma nel momento un cui tu sei un artista emergente e non hai ancora abbastanza opportunità sicuramente vivere in Olanda é una parentesi giusta.

Cinema

Visto che sei anche appassionato di cinema, quali sono i tuoi film del cuore?

Bella domanda, io sono un grande fan di Tarantino perché quando ero piccolo insieme ad un mio amico ci ispiravamo tanto ai suoi film e cercavamo di rappresentarli qua nel Salento. Non ti dirò quali sono questi film perché purtroppo sono ancora disponibili su YouTube e me ne vergogno un po’. Film come Pulp Fiction mi hanno insegnato tanto nel corso degli anni. Adesso ho poco tempo da dedicare a questa arte ma non ti nego che uno dei sogni nel cassetto é quello di collegare la mia musica al mondo del cinema. L’ambito artistico della settima arte mi interessa tanto, ma andiamo come sempre per step.

Produzione

Addentriamoci ora nel tuo EP: come funziona tra te ed il tuo amico e produttore Filippo Bubbico? Tu gli mandi le idee e poi ne discutete?

Generalmente io scrivo un brano, registro una demo e se capita scrivo anche lo spartito dei brani, che però non é sempre necessario. Poi vado in studio da Filippo, gli faccio ascoltare i brani e si decidono insieme una serie di fattori, come ad esempio quali brani prendere in considerazione per l’Ep, come arrangiarli, ecc… . Filippo é certamente una persona fondamentale per il mio progetto: lui é il un ottimo musicista e professionista, molto spesso delle demo diventano dei brani finiti. Ci aggiunge anche molta competenza nei miei pezzi, che spesso arricchisce con armonie diverse o con un tipo di ritmo a cui io non avevo pensato. Si ragiona insieme sul come realizzare un brano. Indiscutibilmente lui é una delle persone più talentuose che io conosca qui nel Salento e in Italia.

Come lo hai conosciuto?

Lo conoscevo già di vista perché qui nel panorama salentino é molto rinomato. Poi anche grazie a Carolina Bubbico, la sorella, che per altro é arrivata a dirigere l’orchestra di Sanremo, sono riuscito a mettermici in contatto. Avevo voglia di produrre con lui un brano già da un po’ di tempo perché penso che lui abbia un genere molto affine al mio. Il primo brano che abbiamo prodotto insieme é Paradise, una volta iniziato a farlo mi sono reso conto che lui poteva essere la persona giusta per realizzare un progetto un po’ più concreto e serio come quello di Crisalidi.

Paradise

Visto che lo hai citato, anche se non fa parte di questo nuovo Ep, ti chiedo se la pronuncia “sbagliata” é voluta e come mai questa scelta.

Sì volutissima, c’è dell’ironia nel fatto di pronunciarlo in quel modo. É molto legata anche al ritmo del brano che poi porta a pronunciarlo anche in quel modo, è una pratica che avviene anche molto nella musica americana quindi ci siamo detti “perché no?”.

Metamorfosi

Tornando l’Ep, il tema principale come hai detto tu é quello del cambiamento. Per Gregor Salsa nella Metamorfosi di Kafka é stato il risvegliarsi insetto che lo ha condotto a fare lunghe riflessioni sulla sua vita. La domanda é: c’è stato un evento scatenante anche per te o sei una persona molto introversa che si ferma spesso a riflettere?

Come dicevo Crisalidi é un progetto maturo proprio perché é il primo progetto in cui io parlo di me stesso al 100% e mi metto in discussione sotto vari aspetti. Il tema della trasformazione é un processo che é avvenuto negli ultimi due anni, da quando vivo in Olanda, in cui ho avuto l’opportunità di uscire fuori da queste gabbie mentali che mi ero costruito qui in Italia.

Il fatto di essere una persona molto introversa e timida non mi consentiva di esprimere al massimo il mio potenziale in Italia. Ecco perché una volta arrivato in una città internazionale come Amsterdam, in cui tu sei nessuno ed hai la possibilità di scegliere quale tipo di personalità mostrare al pubblico, sono sbocciato. Se tu inizi a presentarti con una personalità introversa il pubblico ti ricorderà come una persona chiusa e timida. Lì avevo l’opportunità di fare vedere chi ero realmente, ossia una persona che quando si trova nel contesto giusto sa anche essere ironica, sa scherzare e ballare sul palco.

Divertirmi veramente sul palco é stato un qualcosa che io ho cominciato a fare lì. Ho anche avuto modo di poter spiegare la logica che c’era dietro ai miei brani. Per questo il mio processo di trasformazione é il protagonista del progetto. Che poi é una metamorfosi su vari ambiti: del lavoro, psicologico e anche esterno, perché ho anche scelto uno stile diverso da utilizzare per i miei vestiti e per come mi relaziono con le persone.

Su questo anche i social hanno contribuito a farmi uscire fuori da questa introversione che mi caratterizzava. Sicuramente Tik Tok ha influito tanto, perché ti permette di avere delle persone che ti seguono per quello che sei, quindi la tua personalità, oltre che per ciò che fai come artista. Mi ha insegnato che é importante quel che pensi e che dici, oltre a ciò che scrivi su uno spartito, ecco perché questo processo di trasformazione.

Amsterdam

Ad Amsterdam, che ha avuto un così grande peso per la stesura dell’Ep, avevi la possibilità di esibirti davanti ad un pubblico?

Il Conservatorio di Amsterdam ti dà tante opportunità di esibirti davanti ad un pubblico. C’è proprio una differenza con il conservatorio di Monopoli in cui ho fatto la mia triennale, come il fatto di dare agli artisti tante possibilità di mostrarsi al pubblico e non di studiare chiuso in una stanza. Il conservatorio aveva peraltro una agenzia interna che permetteva ai musicisti che avevano un progetto di trovare delle serate in giro per Amsterdam e per l’Olanda. Infatti molti dei concerti che ho fatto in quella nazione li ho trovati grazie a loro, é una mentalità chiaramente differente.

Amsterdam la canzone invece parla di una relazione a distanza. È un brano autobiografico?

In realtà no, ma parte del testo é vero, tutte le metafore che ho utilizzato lo sono. La parte della relazione a distanza però no, perché io in realtà sono andato a studiare e a vivere ad Amsterdam con la mia ragazza. Ho voluto comunque immaginare come possa essere complicato abbandonare la propria terra e lasciare non per forza una fidanzata ma anche i propri parenti o i propri genitori. Per quello dico che parte del testo é vero: il fatto di aver dovuto abbandonare le mie amicizie e la mia famiglia é stata comunque una grande sofferenza. Il sud é sempre stato il contesto sociale in cui sono stato abituato a vivere, con tutte le comodità e tutto il piccolo mondo che conoscevo. Amsterdam é stata completamente diversa e quindi non ti nego che ci sono stati degli alti e bassi.

Come dici tu anche nella canzone, in questo caso parlando di affetti in generale, cosa tiene due fili attaccati alla stessa terra pur stando in due territori concreti diversi?

Il girare insieme come dei mulini e di andare sempre nella stessa direzione. In più l’amore ci tiene connessi in un modo o nell’altro, per cui anche restando distanti non puoi dimenticare la strada da cui vieni, tutti gli affetti e la persona che eri. Sono i sentimenti che alla fine tengono attaccate tutte le persone.

Salento

Cosa ti ha lasciato il Salento in te?

Dal Salento mi porto dietro la semplicità, infatti ogni volta che torno apprezzo tante piccole cose che prima non consideravo. Anche il semplice fatto di andare al mare, sedermi in spiaggia e guardare il cielo da lì. Ci sono delle situazioni che erano diventate troppo scontate per me nel corso degli anni.

Elettricità

Passando ad un’altra canzone, Elettricità, quale é la tua dose sana?

É quello che faccio, la mia musica, un palco. Il fatto di sapere che ci sono delle persone che condividono con me questa passione, vedere il pubblico che canta la mia musica. Anche il semplice fatto di piacersi, di apprezzarsi, di essere soddisfatti del proprio lavoro, che é un qualcosa che raramente mi accade. Con Crisalidi mi sono reso conto che c’era una maturità che mi ha fatto capire che in questo momento sono soddisfatto al cento per cento di quello che sto facendo. Sono tante dosi sane di elettricità, l’importante è saperle riconoscere.

E che cosa è che invece genera la confusione?

La confusione viene data proprio dal fatto che finito il triennio, io non sapevo più che personalità volessi avere. Avevo voglia di uscire allo scoperto ma ero una persona molto introversa, perché mancava l’ingrediente principale, ossia l’interazione con il pubblico. Adesso che sono cresciuto e so in quale direzione voglio andare, sono uscito un po’ da questa confusione. Lei c’é sempre, non si ha mai una direzione chiara, per questo ogni artista evolve durante la propria carriera. C’é sempre una nuova strada da percorrere. Se ce ne fosse solo una non ci sarebbe più novità e non ci sarebbero più gli artisti, mi dovrei fermare.

Persone sole

Persone sole invece è una canzone un po’ disfattista sotto un certo punto di vista. Ti faccio quindi la domanda provocatoria: secondo te non può proprio esistere un equilibrio tra le relazioni virtuali e quelle reali?

No, non sono assolutamente drastico, perché parte delle persone che adesso mi seguono vengono proprio dai social. Io credo che siano un ottimo modo, attualmente quasi l’unico, per cominciare a promuoversi nel mondo. Il problema capita quando tu non sei la stessa persona sui social a cui i fan erano abituati. Per questo i social devono essere un tramite per presentare la persona che sei. Non devono essere un pretesto per crearsi un personaggio nuovo o un personaggio falso che prima o poi ti si ritorce contro.

Ho visto poco tempo fa un video con Jim Carrey che parlava proprio della depressione e spiegava come molto spesso venga dal fatto che il tuo ”io inconscio” si stanca di fare la persona che non sei. Motivo per cui quando faccio una live su Tik Tok o quando parlo con le persone non nascondo quali sono i miei dubbi, le mie ansie, le mie gioie. Ovviamente senza presentare TUTTO ciò che mi riguarda, perché gli affetti personali preferisco tenerli privati ad esempio, bisogna avere una barriera. Le persone però ti seguono principalmente per quello che sei, la chiave sta nel bilanciare la vita reale e la vita dei social.

Gabbie

Ultima domanda: visto che hai presentato tutto l’Ep parlando delle gabbie mentali, quale sei riuscito a distruggere più di tutte fino ad adesso?

Distruggere è una parola grande, sono delle gabbie mentali da cui non uscirai mai che fanno parte della tua personalità. Di sicuro sto iniziando a rendermi conto che questa ansia del tempo che passa è immotivata. Credo di essere abbastanza fuori da questa gabbia del tempo, del dover fare tutto in questo momento altrimenti sarà troppo tardi. Volare Alto parla proprio di non considerare l’età ma il trascorso. Come dice Caparezza: ”é il vissuto che fa l’età, non i compleanni”.

Noi ovviamente gli auguriamo di volare più in alto che può, intanto voi potete ascoltarlo nei seguenti link:

https://www.youtube.com/channel/UCufKpPNP6_g4drTPVJHB7og

https://www.instagram.com/davidedelucamusic

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